di Claudia Mazzoli e
Stefano Gradassi*
Era questo il tema della XXIII
edizione del Seminario internazionale e
Premio di Architettura e Cultura Urbana svoltosi lo scorso luglio
all’Università di Camerino. Premio cui ha partecipato, nella sezione opere
realizzate, anche l’Associazione Il Faro di Corzano con l’intervento di
ripristino della Mulattiera di Corzano.
L’iniziativa di portare a
conoscenza questa singolare esperienza al di fuori del Comune e della Regione è
stata intrapresa dall’Associazione non solo come momento di diffusione ma anche
come occasione, quale poi si è rivelata, d’incontro di nuovi amici della nostra comunità e di incuriositi
futuri visitatori del nostro territorio.
L’idea di partecipare a questo
Seminario ci è stata suggerita proprio da un nuovo amico, l’architetto Alessandro Camiz , ricercatore presso la
Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma, uno dei tanti atenei
che hanno stimolato il dibattito svoltosi nelle giornate camerti di fine luglio,
analizzando Opere Progetti Utopie. Molti
i progetti presentati ed i contributi al tema del riUSO dell’esistente e delle
aree dismesse, dibattito assolutamente attuale che percorre ogni occasione di
discussione sui temi del governo del territorio e che trova
corrispondenza anche nell’attività legislativa delle amministrazioni nazionali
e locali. Tema riscoperto e reso attuale dal grave momento di crisi che la
società occidentale sta attraversando, generato, secondo un’opinione ormai
condivisa, proprio dalla frenetica e occasionale
attività di USO (o abUSO) del territorio stesso. Il seminario ha portato
significativi contributi di progettisti, professori e critici del mondo della
cultura architettonica italiana e non solo, secondo declinazioni diverse: dalla
rigenerazione come opportunità di creare condensatori
sociali, al rapporto tra riuso e nuove energie e nuove tecnologie (smart
city), dal confronto con l’architettura storica a nuovi rapporti tra città e paesaggio,
dalla strategia del bottom-up – la città ripensata, rigenerata dal basso –
all’opportunità di immaginare usi temporanei per le aree dismesse in attesa di
nuovi equilibri, di nuove utopie, contrapposte alle attuali distopie.
Dall’architettura della permanenza, all’architettura leva e metti figurazione di una tensione culturale e sociale della
temporaneità, dell’indefinito. Da subito abbiamo potuto riscontrare la
partecipazione al seminario di una ricercatrice dell’Università di Firenze, nostra
compaesana, Anna Lambertini, che ha accolto con grande affabilità la nostra
piccola delegazione composta anche da Antonio Teverini (Tonino), Bruno Ruggeri,
Bartolomeo Balzoni, Marco Baccini, Michele Cornieti. Il suo intervento dal
titolo Paesaggi prossimi Spazi aperti per
abitare la città, pur trattando esperienze di rilievo in grandi città
europee, si è concentrato sul concetto di prossimità
quale ingrediente da ricercare per valorizzare l’uso degli spazi urbani, intesi
come intromissioni del paesaggio nella città. È stato uno dei primi interventi
che abbiamo potuto ascoltare e ne abbiamo subito colto elementi di prossimità con le nostre esperienze,
fors’anche per le comuni origini.
Alla presentazione dell’opera di ripristino
della mulattiera, abbiamo poi avuto la piacevole sorpresa di “risvegliare dal torpore” alcuni dei convenuti, come poi
ci hanno rappresentato con citazioni esplicite nei loro interventi. All’illustrazione
professionale e competente svolta dall’Arch. Michele Cornieti si è affiancato
il racconto dell’artigiano Tonino che ha spiegato con schiettezza la maniera del posare le pietre, il lavoro
di gruppo intergenerazionale, il coinvolgimento di tutta una comunità. Nelle
sue parole la passione di chi con spirito liberale decide di dedicare il
proprio tempo e le proprie energie a servizio della collettività per costruire
un bene non per se stesso ma appartenente e fruibile a tutti. La stessa
passione di quanti, ciascuno con il proprio apporto, hanno messo nella
realizzazione dell’opera, così come emersa nel racconto che lo stesso Tonino ha
fatto di un particolare episodio. Un giorno, lavorando alla mulattiera,
passarono due pellegrini tedeschi e gli chiesero il nome della ditta che
svolgeva i lavori e lui, rispondendo che non c’era ditta, che erano tutti
lavoratori volontari e che anzi per prestare opera dovevano pagare la quota
associativa, si sentì commentare: questi Italiani sono proprio straordinari!!
È questa capacità di emozionare
che ha contraddistinto e significato l’opera, espressione di una società che
riconosce ad un bene un valore comune immutabile e per il quale instaura
innovativi rapporti con la pubblica amministrazione perché elemento di coesione
e di appartenenza sociale, espressione di un’ utopia collettiva che, se canalizzata in azioni concrete e buone
pratiche, può essere realizzata, così come espresso in sintesi nella
motivazione al premio speciale attribuitoci dalla giuria.
*dipendente e amministratore del
Comune di Bagno di R.